mercoledì 10 agosto 2011

Quando Ramadan vuol dire brik

- Brik -
La notte di San Lorenzo a Tunisi passa inosservata e in questo dieci agosto duemilaundici si ricorda soltanto che oggi è il decimo giorno di Ramadan. A parte le uova dell’immancabile brik che appesantiscono ogni giorno di più, le giornate passano tranquille tra spese forsennate al mercato, siesta prolungata, preghiere e uscite serali.
Come dire, il Ramadan è come il Natale, solo che dura un mese (ahimé!). Le pietanze, l’aria di festa, i preparativi, il chehya tayba con cui ci si saluta augurandosi un buon pasto in attesa della rottura del digiuno, la cena tutti insieme, la telenovela girata appositamente per il Ramadan, il saha sheribtek che tutti pronunciano vicendevolmente dopo aver mangiato, non si concludono in una sera ma si ripetono, quasi allo stesso modo, per un mese intero. A parte il precetto religioso del Ramadan (terzo dovere dei musulmani), ognuno decide autonomamente perché privarsi di acqua e cibo fino al calar del sole. Chi sceglie di purificarsi fisicamente per un mese intero, chi si immedesima nei poveri che non hanno acqua né cibo, chi investe nel mese sacro per purificarsi dai peccati commessi durante l’anno. Il Ramadan, infatti, è un mese di purificazione di corpo e mente. Non si deve litigare, non si deve parlare male degli altri, non si devono commettere cioé nemmeno quei peccati "banali" legati all’imperfetta natura umana.
È un dato di fatto che digiunare per un mese intero richieda un certo impegno, una certa costanza, una certa convinzione e non ci si può limitare a liquidare il tutto dicendo che sia soltanto una tradizione da seguire. La cosa che osservo con più ammirazione è la costanza con cui tutti, dal meno istruito al più intellettuale, imbandiscono la tavola con le pietanze tipiche della cena di Ramadan e non le sfiorano nemmeno con un dito se non dopo aver udito l’Allah Akbar del muezzin che annuncia la rottura del digiuno. E quando si mangia, dopo non aver né mangiato né bevuto nulla dalla notte prima, lo si fa con un’innaturale nonchalance che desta la mia curiosità, appunto.
Dal canto mio, ho imparato che Ramadan a Tunisi vuol dire brik, "involtino" infarcito di uova e fritto in olio rovente, e medina, la zona più viva del centro che si anima fino al mattino solo durante questo mese. Tra le note dolenti, durante tutto il mese, come a ricordare che l’economia non lascia passare nulla, i prezzi aumentano in tutti i locali che, nonostante tutto, di sera sono pieni di gente.
Qui a Tunisi qualcosa è cambiato dallo scorso anno ma il Ramadan è sempre lo stesso. Vero è, però, che le moschee, soprattutto la moschea al-Zaytūna, la principale della città, sono piene di gente per la preghiera collettiva della sera. Questa è una delle differenze più rilevanti rispetto agli anni passati. Ma forse è meglio che questa notizia non arrivi oltremare.
Il mese di Ramadan è anche il mese della solidarietà e i musulmani sono esortati a fare più attenzione ai meno fortunati tanto che ogni anno la Croce Rossa qui a Tunisi allestiva una mensa per i poveri. Quest’anno, però, sembra che 'non ci sia trippa per gatti' sia perché tutti i viveri sono finiti in Libia sia perché non si può più contare sugli eventi plateali finanziati da Ben Ali per fare bella mostra di sé. Lo slogan sarebbe 'Almeno con Ben Ali i poveri avevano da mangiare durante il Ramadan'. Adesso, in assenza dello sponsor, scarseggia anche il cibo. Triste ma vero.

Concentrandomi su aspetti più frivoli, mi chiedo banalmente se anche a Tunisi cadano le stelle in questo decimo giorno di Ramadan con il Corano in sottofondo...


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